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Liberiamo la Bellezza!

Nico De Vincentiis
(coordinatore Forum Aree Interne)

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Tarassaco

La vera sfida

Il ritorno all’essenziale è un fattore di conversione. Ma non vi si arriva fuggendo dalla complessità bensì praticando una sana e responsabile “utopia nel reale”, quella condizione che ci consente di coltivare le attese come desiderio ma anche come duro esercizio del possibile. Tutto questo proprio nel momento in cui il mondo cade a pezzi e noi non riusciamo a fare la nostra piccola parte per evitarlo.

Essenziale vuole dire rivolgere lo sguardo alla bellezza racchiusa nelle piccole cose, con lo stupore che essa ancora consegna ai nostri occhi nonostante una pericolosa valanga di quotidianità sembri seppellirla. Le problematiche dei piccoli comuni, fragili, spopolati, emarginati e quasi rassegnati, appartengono alla generale deriva di oggi, alla cultura che Papa Francesco definiva “dello scarto”, con poche realtà in fuga solitaria verso lo sviluppo economico e le sue deformazioni. Problematiche che dovrebbero richiedere soluzioni originali e comuni, singolari e confluenti, coraggiose e ordinarie, che impongono un impegno profondo per spezzare le catene dell’indifferenza o di quell’ottimismo passivo che disinnesca in realtà la vera speranza.

Amministrare certi territori è un’attività complessa, comporta una sensibilità particolare, molta più intraprendenza di quanto la falsa logica della gestione pubblica e utilitaristica tende a dimostrare quando ci avverte: “Siete piccoli, non potete pensare in grande!” oppure, con un’impennata di atrocità, “Non ce la fate, abbandonate l’idea di esistere!” come recita addirittura il testo del Governo predisposto per il futuro delle aree interne al paragrafo 4 del Piano strategico nazionale 2025.

Non vogliamo che si spenga la resistenza attiva delle nostre periferie, che si debbano contare gli esodi e non programmare i ritorni, compresi quelli di chi vive quotidianamente in “fuga” dalla responsabilità per il proprio territorio.

Un bene condiviso

La speranza vera va oltre l’emozione delle singole attese. Dovremo imparare a non disperdere, o addirittura disinnescare, la creatività giovanile, che spesso si addensa proprio nelle realtà più fragili del Paese; sentire e credere che un fronte comune sia possibile nonostante le scorciatoie che esaltano illusoriamente certi territori ma poi s’infrangono contro un destino comune; proporre azioni d’avanguardia ma rispettose delle vocazioni; mettere in dialogo racconto e futuro, la concretezza e l’utopia, porre le generazioni operativamente a confronto; avvicinare amministrati e amministratori, sfruttarne i talenti allontanando tentazioni divisive; costruire in ognuna delle comunità territoriali un piano che le accomuni e le renda visibili agli occhi del Paese come avamposto di unità.

Il messaggio per noi è “Vivere singolarmente insieme”, operatori di azioni locali su un fronte globale. Gli amministratori provino a rischiare di perdere qualche voto alle elezioni ma facciano delle scelte evitando di distribuire solo risorse a scopo clientelare. È urgente liberare la bellezza, riscoprire il suo ciclo restituendo con gli’interessi ciò che ci è stato donato, con la nostra passione e il nostro contributo al bene comune nei luoghi dell’equilibrio...

La natura, i beni culturali, la memoria storica sono tutti elementi che compongono il ciclo della bellezza, che si chiude però solo con la nostra scelta di parteciparvi attivamente...

Il sabotaggio del presente

Tra le radici e il futuro c’è un problema che si chiama “presente”. Le vie di trasmissione sono sabotate dal calo demografico, la fuga dei giovani, l’Alzheimer, dalla velocità acritica che si ciba delle nostre ansie, dalla competizione sfrenata e dalla crisi dei valori. Dobbiamo raggiungere la memoria, che è andata oltre e ci aspetta domani, decidere dove andare, con quali strumenti...

Ma per trasformarsi in percorso, il cammino deve consentire all’orizzonte di camminarci accanto e non davanti imponendo la sua bugia...

Abbiamo questo dovere per non estinguere la nostra speranza, e noi stessi, in questo pianeta che sembra assediato dal male. Non l’abbiamo sentito arrivare, oggi l’odio in doppio petto sembra prevalere. Ma possiamo lottare tenacemente perché parole e musica, coraggio e resilienza, dignità e intelligenza restino una colonna sonora in grado di convincerci che il male in realtà non ha ancora vinto ma è riuscito a organizzare un migliore ufficio stampa.




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Uno sguardo diverso

Lettera aperta dei vescovi al Governo e al Parlamento

× Uno sguardo diverso - Lettera aperta al Governo e al Parlamento

Uno sguardo diverso

Lettera aperta dei vescovi al Governo e al Parlamento

Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali – e in particolare i piccoli centri periferici – alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.

La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive» (p. 45). Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di «combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità» (ivi).

Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse». In sintesi, il sostegno per una morte felice.

In questo quadro complesso – e preoccupante! –, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale. Già nel maggio 2019 i vescovi della Metropolia beneventana sottoscrissero un documento (Mezzanotte del Mezzogiorno? Lettera agli Amministratori) che metteva a fuoco il persistente e grave ritardo nello sviluppo delle cosiddette “aree interne”. Prese avvio allora un percorso che ha avuto i suoi sviluppi. Via via s’è andata difatti manifestando in maniera crescente anche l’esigenza di mettere a fuoco la questione da un punto di vista più strettamente pastorale: è per questo che, dal 2021 ogni anno, a Benevento, s’incontrano vescovi provenienti da tutte le regioni d’Italia al fine di avviare un confronto con l’obiettivo, se non di enucleare una pastorale per le aree interne, almeno di abbozzarne qualche linea.

Va inoltre precisato che la stessa Caritas italiana, facendo seguito alle richieste delle Caritas diocesane, sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne, pure con l’intento di sostenere le realtà territoriali nell’elaborazione di progetti che promuovano la coesione sociale e favoriscano la “restanza”, ovvero la possibilità concreta per le persone, soprattutto i giovani, di scegliere di rimanere e costruire il proprio futuro nei luoghi in cui sono nati: un lavoro frutto di un processo dal basso, fondato sull’ascolto dei bisogni e sulla mappatura partecipata delle risorse locali.

Anche diversi interventi promossi con i fondi dell’8xmille testimoniano questa attenzione concreta: attivazione di una rete d’infermieri e operatori sociosanitari di comunità, servizi di taxi sociale, valorizzazione delle risorse esistenti per favorire occupazione e imprenditorialità locale.

Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ez 3,17). Non possiamo del resto non considerare come, nel corso degli anni, documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali.

Chiediamo perciò che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne. Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese. Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico.

Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.

In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio – per nulla ipotetico – di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto.

Ci auguriamo che queste nostre riflessioni, frutto di esperienze maturate sul campo, che offriamo in spirito di serena collaborazione, siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno.

Con vivissima cordialità.

Elenco dei firmatari

Mons. Felice Accrocca, Arcivescovo di Benevento
Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, Presidente CEI
Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari, Segretario Generale CEI
Card. Baldassare Reina, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma
Card. Domenico Battaglia, Arcivescovo di Napoli
Card. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino
Arcivescovo-Vescovo di Susa
Card. Francesco Montenegro, Amministratore Apostolico dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, Arcivescovo emerito di Agrigento
Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi, Vicepresidente CEI
Mons. Gianpiero Palmieri, Vescovo di Ascoli Piceno, Vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, Vicepresidente CEI
Mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano all’Jonio, Vicepresidente CEI
Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Presidente COMECE
Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù
Mons. Marco Prastaro, Vescovo di Asti
Mons. Adriano Cevolotto, Vescovo di Piacenza-Bobbio
Mons. Domenico Pompili, Vescovo di Verona
Mons. Franco Moscone, Arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo
Mons. Mario Vaccari, Vescovo di Massa Carrara-Pontremoli
Mons. Francesco Oliva, Vescovo di Locri-Gerace
Mons. Giacomo Cirulli, Vescovo di Teano-Calvi, Vescovo di Alife-Caiazzo, Vescovo di Sessa Aurunca
Mons. Sabino Iannuzzi, Vescovo di Castellaneta
Mons. Pietro Lagnese, Vescovo di Caserta, Vescovo di Capua
Mons. Gaetano Castello, Vescovo ausiliare di Napoli
Mons. Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona
Mons. Arturo Aiello, Vescovo di Avellino
Mons. Carlo Villano, Vescovo di Pozzuoli, Vescovo di Ischia
Mons. Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento
Mons. Giuseppe Vegezzi, Vescovo ausiliare di Milano
Mons. Andrea Bellandi, Arcivescovo di Salerno
Mons. Francesco Soddu, Vescovo di Terni-Narni-Amelia
Mons. Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia
Mons. Benoni Ambarus, Arcivescovo di Matera-Irsina, Vescovo di Tricarico
Mons. Ciro Fanelli, Vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa
Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tursi-Lagonegro
Mons. Stefano Rega, Vescovo di San Marco Argentano-Scalea
Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa
Mons. Antonello Mura, Vescovo di Nuoro, Vescovo di Lanusei
Mons. Pierantonio Tremolada, Vescovo di Brescia
Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
Mons. Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo
Mons. Roberto Carboni, Arcivescovo di Oristano, Vescovo di Ales-Terralba
Mons. Corrado Melis, Vescovo di Ozieri
Mons. Franco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia
Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale
Mons. Alessandro Damiano, Arcivescovo di Agrigento
Mons. Calogero Peri, Vescovo di Caltagirone
Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta
Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania
Mons. Gualtiero Isacchi, Arcivescovo di Monreale
Mons. Giuseppe Schillaci, Vescovo di Nicosia
Mons. Salvatore Rumeo, Vescovo di Noto
Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo
Mons. Guglielmo Giombanco, Vescovo di Patti
Mons. Rosario Gisana, Vescovo di Piazza Armerina
Mons. Giuseppe La Placa, Vescovo di Ragusa
Mons. Francesco Lomanto, Arcivescovo di Siracusa
Mons. Pierino Fragnelli, Vescovo di Trapani
Mons. Cesare Di Pietro, Vescovo ausiliare di Messina
Mons. Luca Raimondi, Vescovo ausiliare di Milano
Mons. Giuseppe Mazzafaro, Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti
Mons. Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Viterbo
Mons. Ambrogio Spreafico, Amministratore Apostolico di Frosinone-Veroli-Ferentino, Amministratore Apostolico di Anagni-Alatri
Mons. Luciano Paolucci Bedini, Vescovo di Gubbio, Vescovo di Città di Castello
Mons. Vito Piccinonna, Vescovo di Rieti
Mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Orvieto-Todi
Mons. Daniele Gianotti, Vescovo di Crema
Mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli, Vescovo di Palestrina
Mons. Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli
Mons. Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna-Cervia
Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza-Modigliana
Mons. Luigi Vari, Arcivescovo di Gaeta
Mons. Davide Carbonaro, Arcivescovo di Potenza
Mons. Francesco Neri, Arcivescovo di Otranto
Mons. Mauro Maria Morfino, Vescovo di Alghero-Bosa
Mons. Mario Farci, Vescovo di Iglesias
Mons. Antonio De Luca, Vescovo di Teggiano-Policastro
Mons. Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra
Mons. Paolo Giulietti, Arcivescovo di Lucca
Mons. Pasquale Cascio, Arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia
Mons. Gianrico Ruzza, Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia, Vescovo di Porto-Santa Rufina
Mons. Franco M. G. Agnesi, Vicario Generale di Milano
Mons. Leonardo D’Ascenzo, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
Mons. Angelo Spina, Arcivescovo di Ancona-Osimo
Mons. Livio Corazza, Vescovo di Forlì-Bertinoro
Mons. Giovanni Mosciatti, Vescovo di Imola
Mons. Calogero Marino, Vescovo di Savona-Noli
Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
Mons. Francesco Beneduce, Vescovo ausiliare di Napoli
Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo di Cesena-Sarsina
Mons. Marco Brunetti, Vescovo di Alba
Mons. Derio Olivero, Vescovo di Pinerolo
Mons. Fortunato Morrone, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova
Mons. Daniele Salera, Vescovo di Ivrea
Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Azione Cattolica Italiana e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Mons. Roberto Fornaciari, Vescovo di Tempio-Ampurias
Mons. Giacomo Morandi, Arcivescovo-Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla
Mons. Domenico Beneventi, Vescovo di San Marino-Montefeltro
Mons. Renato Marangoni, Vescovo di Belluno-Feltre
Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Vescovo di Foligno
Mons. Giuseppe Mengoli, Vescovo di San Severo
Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara
Mons. Francesco Marino, Vescovo di Nola
Mons. Santo Marcianò, Vescovo eletto di Frosinone-Veroli-Ferentino, Vescovo eletto di Anagni-Alatri
Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’Tirreni
Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo di Vercelli
Mons. Giuseppe Giudice, Vescovo di Nocera Inferiore-Sarno
Mons. Bernardino Giordano, Vescovo di Grosseto, Vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello
Mons. Marco Tasca, Arcivescovo di Genova
Mons. Vincenzo Calvosa, Vescovo di Vallo della Lucania
Mons. Gerardo Antonazzo, Vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo
Mons. Ivo Muser, Vescovo di Bolzano-Bressanone
Mons. Pierantonio Pavanello, Vescovo di Adria-Rovigo
Mons. Giuliano Brugnotto, Vescovo di Vicenza
Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, Arcivescovo di Gorizia
Mons. Giampaolo Dianin, Vescovo di Chioggia
Mons. Michele Tomasi, Vescovo di Treviso
Mons. Fausto Tardelli, Vescovo di Pistoia, Vescovo di Pescia
Mons. Saverio Cannistrà, Arcivescovo di Pisa
Mons. Gherardo Gambelli, Arcivescovo di Firenze
Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia
Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace
Mons. Enrico Solmi, Vescovo di Parma
Mons. Sergio Melillo, Vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia
Mons. Paolo Ricciardi, Vescovo di Jesi
Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei
Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza

Sottoscrive il documento l’intera Conferenza Episcopale Abruzzese Molisana:
Mons. Camillo Cibotti, Vescovo di Isernia-Venafro (Presidente), Vescovo di Trivento
Mons. Emidio Cipollone, Vescovo di Lanciano-Ortona (Vicepresidente)
Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto
Mons. Tommaso Valentinetti, Arcivescovo di Pescara-Penne
Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo di Teramo-Atri
Mons. Michele Fusco, Vescovo di Sulmona-Valva
Mons. Giovanni Massaro, Vescovo di Avezzano
Mons. Biagio Colaianni, Arcivescovo di Campobasso-Bojano
Mons. Claudio Palumbo, Vescovo di Termoli-Larino
Mons. Antonio D’Angelo, Arcivescovo di L’Aquila

Dom Luca Antonio Fallica, Abate di Montecassino
Dom Diego Gualtiero Rosa, Abate Territoriale di Monte Oliveto
Don Michele Petruzzelli, Abate di Cava de’ Tirreni
Don Riccardo Luca Guariglia, Abate di Montevergine




Forum delle aree interne 2025

Forum delle aree interne 2025 - anteprima
Da sinistra: Nico de Vincentiis, Mogol e S.Ecc. Mons. Felice Accrocca
Barbara Gallavotti, divulgatrice scientifica
Da sinistra: Nico de Vincentiis, Mogol e S.Ecc. Mons. Felice Accrocca
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Serve una visione
oltre le statistiche

Documento finale del Forum 2025

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Documento finale del Forum 2025

Serve una visione oltre le statistiche

“Dobbiamo davvero volgere uno sguardo diverso al tema delle aree interne, non semplicemente aggiustamenti in corsa che finiscono nel più generale sistema di distribuzione acritica di finanziamenti e di favori senza visione”.

È l’appello del Forum delle Aree Interne a conclusione della sua settima edizione che ha visto il confronto sulla possibilità di utilizzo mirato delle varie potenzialità di carattere sociale e culturale appartenenti a numerosi territori definiti fragili e in via di estinzione.

Occhio alla qualità

“L’approccio quantitativo al problema – prosegue il documento finale del Forum - non consente risposte definitive e responsabili alle popolazioni interessate che, anche a causa di una perseverante visione numerica, cedono alla forza contrattuale delle istituzioni di altri territori. Così si delinea un quadro davvero di declino irreversibile, ma non per la resa delle comunità quanto per l’incapacità di tenerle dentro a un progetto di condivisione e di convinta sussidiarietà.

Bisogna evitare che l’economia dei progetti prevalga definitivamente su un progetto di economia, garantendo a tutti vie di accesso praticabili e inclusive ai fondi; incoraggiare l’autopropulsione e la creatività giovanile; ridurre seriamente disuguaglianze e divari.

Impegno comune

Lavoriamo tutti dunque a comporre una diversa narrazione delle realtà fragili, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato.

Doveroso sottolineare che si deve alla dura presa di posizione dei vescovi italiani dell’agosto scorso la cancellazione da parte del Governo dell’Obiettivo 4 del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, intitolato: Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile.

Si trattava di un programma di “suicidio assistito” dei territori più emarginati che, secondo il Governo, si troverebbero “con una struttura demografica ormai compromessa, con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività”. Queste aree non potrebbero porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza.

Sguardo in avanti

A conclusione del Forum 2025 si ribadisce la volontà di esplorare, con realismo e in direzione del bene comune, tutte le buone pratiche che nascano da una circolarità di competenze, utilizzate non più per marcare differenze ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà del Paese.

Proprio in questa direzione viene accolto l’invito del cardinale Matteo Zuppi per costituire (ANCI–CEI–FORUM) un osservatorio diffuso e plurale sui programmi di restanza giovanile e sulle strategie di controesodo.

Si chiede di favorire esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali; incentivi economici; riduzione delle imposte; soluzioni di smart working; innovazione agricola; turismo sostenibile; valorizzazione dei beni culturali; piani specifici di trasporto; recupero borghi; co-housing; banda larga; servizi sanitari di comunità; telemedicina.

Diventa urgente un’attenta verifica del sistema normativo, spesso bloccato e quasi mai applicato concretamente.

Promuovere l’uomo e il cittadino

Servono azioni sociali e culturali che producano reali svolte di promozione umana e civile, come base del riscatto dei territori in via di estinzione e del recupero del senso di comunità, ancora oggi il vero Pil di molte realtà.

In quest’ottica nasce anche l’idea di un gruppo di lavoro con le Soprintendenze di Caserta-Benevento, Molise, Umbria, Cosenza, Como-Lecco, Vercelli, Parma, per scambi culturali rivolti ai giovani e per la cura dei giacimenti culturali delle Aree Interne.

Benevento, 26 settembre 2025





“Testo unico” contro la bulimia legislativa

“Testo unico” contro la bulimia legislativa

Studio e proposte a cura del Forum

× Lettera aperta al Governo e al Parlamento

"Testo unico" contro la bulimia legislativa

Studio e proposte a cura del Forum

La questione delle diseguaglianze assume sempre toni e modalità di approccio apparentemente diversi che contribuiscono a definire il campo lasciandolo però al suo destino. Fino a dichiararne l’insostenibilità come decretato con la recente stesura del Piano strategico nazionale (2025) che rischia quasi, specie in alcune parti, di sostituirsi di fatto alla formula dell’autonomia differenziata. Una strategia quasi da “abbandono terapeutico” come segnale di resa da un lato e di scarsa consapevolezza anche di quanto positivamente si inserisce nelle agende istituzionali dall’altro.

Le sintesi, un po’ affrettate e basate esclusivamente su dati statistici, sembrano a volte allontanarsi dall’idea che si possa e si debba lavorare su comunità e sviluppo locale utilizzando interventi più mirati e meno generici (pur nella focalizzazione di ambiti precisi), soluzioni concrete sganciate dagli interessi della politica e delle economie della competizione aggressiva. Bisogna soprattutto agganciare il tema delle aree fragili alla ritrovata capacità di autodeterminazione e partecipazione delle popolazioni verso un orizzonte adeguato all’evoluzione della storia e delle scelte territoriali.

PIÙ E MENO

Dalle definizioni degli studiosi per descrivere le aree interne emerge in realtà una su tutte che è MENO. Meno popolazione, meno nati, meno giovani, meno lavoro, meno collegamenti, meno servizi, meno speranze. Tutti meno che si traducono in divario, disuguaglianze e povertà. Ma anche quando potremmo declinare la parola PIÙ finiamo sulla barra del MENO.

Abbiamo la possibilità di un passato da far vivere e rendere produttivo per i territori ma sempre meno parole davvero nuove da spendere nel presente per trascinarlo nel futuro. E non solo per il calo del numero dei “partigiani del racconto” bensì per il drastico abbassamento del livello di comunità e di dialogo che le società locali esprimono anche nella quotidianità. Il PIÙ, relativo alla conquista del wi-fi e della banda larga, a esempio, è neutralizzato dalla mancanza di partecipazione reale.

Il Forum delle Aree Interne in questi anni ha cercato di lavorare su questo perché ritiene necessaria una diversa declinazione della problematica che investe le realtà più fragili del Paese, che attraversano e coinvolgono tutte le regioni rendendo la problematica oramai questione nazionale, specie per lo spopolamento e per il calo demografico.

L’azione svolta dal Forum, insieme ai vescovi di numerose diocesi italiane, a partire dal 2019, ha contribuito a delineare nuovi confini e diverse letture delle criticità e delle potenzialità di certi territori e soprattutto le troppe contraddizioni che lastricano il percorso verso un’organica e produttiva azione di sviluppo e di integrazione. Tra esse il numero eccessivo di leggi che fanno riferimento alle aree interne ma rimaste in parte inapplicate perché poco conosciute e/o appesantite da procedure complesse.

È stata prodotta una ricerca, quale contributo preliminare, per l’adozione di una sorta di “Testo Unico delle aree interne”, che chiarisca e orienti enti, istituzioni e comunità verso un approdo convinto e convincente in cui certi territori possano trovare motivi e opportunità per sperare di evitare abbandono, spopolamento e rischio di estinzione.

Riteniamo che serva un piano, oltre la Strategia nazionale, che va comunque ottimizzata, per garantire il diritto delle popolazioni a salvaguardare e coltivare la propria storia organizzando il loro futuro nelle terre di origine. Pensiamo che si debbano raggiungere obiettivi concreti e mirati secondo una diversa visione dell’intervento dello Stato e delle Regioni.

Superare la logica distributiva di fondi (molti dei quali arrivano spesso prima ancora dei progetti) per coltivare, valorizzare e sostenere la resilienza delle popolazioni con una particolare attenzione alle relazioni intergenerazionali, al protagonismo e alla creatività dei giovani. Altra svolta necessaria sarebbe quella di classificare le aree interne non esclusivamente secondo i pur tanti “meno” (meno servizi, meno opportunità di collegamenti materiali e digitali, ecc.) ma anche relativamente al patrimonio di cultura, di solidarietà, di salvaguardia del racconto e delle tradizioni, di reciprocità e sussidiarietà che esse contengono. Una visione qualitativa e non soltanto quantitativa dovrebbe presiedere a una rinnovata attenzione, sincera e non demagogica, della questione aree interne del Paese. Bisogna sottolineare che molti piani governativi introducono sì il concetto di qualità ma esso resta mera dichiarazione d’intenti.

In un contesto d’impegno e di collaborazione, il Forum delle Aree Interne, intende contribuire allo sforzo comune per rilanciare e rendere realmente produttiva la materia legislativa esistente, oltre a favorire interventi concreti e ispirati a un complessivo e articolato pacchetto di attese delle popolazioni interessate.

LO STATO DELL’ARTE SUL PIANO LEGISLATIVO

2013: Istituzione dell’Agenzia per la Coesione Territoriale – SNAI con L. 27 dicembre 2013, n. 14 per contrastare l’alto grado di spopolamento, di marginalizzazione e di degrado delle aree interne collinari.

Ne consegue:

  • La definizione di aree interne.
  • La previsione di attuazione di due livelli d’intervento, con due classi di azioni:
    – servizi per la salute, scuola, mobilità
    – tutela del territorio, valorizzazione delle naturali e delle comunità locali, valorizzazione delle risorse naturali culturali e del turismo sostenibile, sistemi agro-alimentari e sviluppo locale, risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile, saper fare e artigianato.

2014-2020: fondi pubblici e politica di coesione.

Le varie tappe

  • Sperimentazione della strategia attraverso l’attivazione di fondi pubblici, europei e da partenariati pubblico-privati su 71 aree pilota.
  • Documento accordo di partenariato, approvato dalla Commissione europea, che “definisce la strategia e le priorità di tale Stato membro nonché le modalità di impiego efficace ed efficiente dei fondi SIE al fine di perseguire la Strategia dell’Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.
  • Il pacchetto legislativo sulla politica di coesione 2014-2020 introduce importanti cambiamenti, con un coordinamento rafforzato della programmazione dei fondi comunitari collegati al Quadro Strategico Comune 2014-2020 in un unico documento. La decisione di esecuzione della Commissione è del 20 gennaio 2020.

Da tenere presente

Nel 2020 il valore complessivo delle strategie approvate sulle 71 aree è stata pari a 1,142 miliardi di euro divisi in 261 milioni di risorse statali, 693 milioni dai programmi finanziati dai fondi europei (FESR, FSE, FEASR, FEAMP), e 189 milioni da altre risorse pubbliche e private. La strategia stima inoltre un effetto leva da 1 a 4 per gli interventi rispetto alle risorse del Patto di stabilità.

Nel corso del 2020 sono stati stanziati ulteriori 310 milioni di euro di fondi statali per premiare le aree pilota con le performance migliori e più coerenti con la strategia, e per attivare almeno 2 nuove aree pilota per Regione, processo che avverrà tramite una manifestazione di interesse.

Lo Stato, in seguito, firma altro Accordo di partenariato relativo al ciclo di programmazione 2021-2027, approvato con decisione di esecuzione della CE il 15 luglio 2022, che mette a disposizione 75,3 miliardi di euro di fondi strutturali e di investimento, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale.

Il nuovo ciclo vede alcune modifiche nella classificazione delle singole regioni. Sono considerate “in transizione” non solo l’Abruzzo, che si conferma in questa categoria, ma anche Umbria e Marche (precedentemente tra quelle “più sviluppate”). Le regioni “meno sviluppate” sono quelle rimanenti del Mezzogiorno (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), mentre le “più sviluppate” comprendono quelle del Centro-Nord, con l’esclusione di Umbria e Marche.

Se si esclude la quota riservata alla CTE, le risorse europee e nazionali dei fondi strutturali si distribuiscono come segue tra le tre aree:

  • Regioni più sviluppate: 23,882 miliardi di euro
  • Regioni in transizione: 3,612 miliardi di euro
  • Regioni meno sviluppate: 46,575 miliardi di euro

Infine il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), il documento stipulato dal governo per l’accesso ai finanziamenti del Next Generation EU, prevede di integrare i fondi destinati alle aree interne per un importo di 2,1 miliardi di euro durante il periodo 2021-2027.

I PRIMI RISULTATI

Si stima che 30 milioni di persone abbiano abbandonato o abbandoneranno le zone rurali d’Europa tra il 1993 e il 2033. Le aree interne dell’Italia vedono, nonostante alcuni interventi operati con parte di predette risorse, un progressivo spopolamento e abbandono del territorio.

L’analisi dell’andamento dei cicli di programmazione, in particolare del periodo 2007-13 e 2014-20, pone in evidenza come l’Italia, uno dei maggiori beneficiari dei fondi della coesione, si collochi, nel confronto con gli altri Paesi membri, agli ultimi posti per efficienza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse assegnate e, di conseguenza, per la capacità di massimizzarne l’impatto.

Comprendere le ragioni di tale condizione richiede una lettura il più possibile oggettiva del reale stato di avanzamento della politica di coesione, per coglierne le effettive lacune e individuare margini di intervento per consentire alle regioni italiane di beneficiare pienamente delle opportunità offerte da quella che possiamo a ragione considerare la più importante politica di investimento dell’Unione europea.

Nel 2022, nonostante la mole di risorse investite in Italia nell’ambito della politica di coesione a partire dal 1994, l’Ottava relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale della Commissione europea pone in evidenza come l’Italia sia uno dei Paesi in cui l’attesa riduzione dei divari tra le regioni non si sia verificata, e che, al contrario, dimostri una tendenza all’aumento delle disparità.

La Commissione sottolinea che i Paesi che si trovano in questa condizione vivono la “trappola dello sviluppo”, e, in particolare, le regioni nelle quali questa condizione persiste per almeno 15 anni sono definite “intrappolate nello sviluppo”. Si tratta delle regioni che, pur ricevendo un sostegno sostanziale dalla politica di coesione, hanno stentato a sostenere una crescita a lungo termine, e presentano, come tratti comuni, bassi livelli di valore aggiunto nell’industria, di qualificazione del capitale umano, di innovazione e qualità istituzionale. Tali regioni sono particolarmente concentrate in Italia.

Il grave ritardo nell’avanzamento della spesa, che si traduce inequivocabilmente nel rischio di comprometterne gli obiettivi più importanti, è quello per l’effettivo sviluppo del territorio.

Nel mese di gennaio 2023, la Corte dei Conti, nell’ambito della «Relazione annuale 2022 sui rapporti finanziari Italia/UE e sull’utilizzo dei Fondi europei», nel considerare le importanti interconnessioni tra il PNRR e gli interventi della politica di coesione, auspica, alla luce dello stato di avanzamento della programmazione 2014-20, che vi sia una “vera inversione di rotta” nell’attuazione di tali politiche e nella capacità di spesa delle risorse europee che definisce “preoccupanti”.

CRITICITÀ ALLARMANTI

A tale evidenza, già estremamente grave, si aggiunge la constatazione, ancora più preoccupante, che l’impiego delle risorse nazionali è fermo a livelli di molto inferiori rispetto alle risorse europee.

A dispetto del disegno originario, delle finalità e dei principi sanciti dai Trattati, in Italia non è stata garantita l’“addizionalità” delle risorse della politica di coesione, in quanto tali politiche hanno agito in sostituzione di quelle ordinarie, anche in considerazione dei continui tagli alla spesa per investimenti.

La lettura congiunta dei dati relativi alla programmazione ed all’impiego dei fondi strutturali e dei fondi nazionali, che avrebbe dovuto evidenziare una comune tensione verso il perseguimento degli obiettivi della coesione, ha dimostrato invece nel tempo una sempre più debole integrazione e focalizzazione sugli obiettivi programmatici con duplice conseguenza: carenza delle capacità amministrative, a livello centrale come a livello locale; fragilità del presidio di coordinamento a fronte di funzioni di sostegno e accompagnamento rivelatesi sempre più necessarie.

A partire da queste premesse, con il D.L. n. 101/2013 fu istituita l’Agenzia per la Coesione Territoriale, che ha acquisito parte delle funzioni del soppresso “Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica” incardinato presso il Ministero dello Sviluppo Economico.

Successivamente, con il D.L. n. 86/2018, è stato previsto il riordino delle competenze in materia di politiche per la coesione territoriale tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Agenzia, definendo più chiaramente per quest’ultima i compiti operativi di sorveglianza sulla conduzione e attuazione dei programmi di assistenza alle amministrazioni centrali e regionali titolari, la definizione di standard, linee guida e istruzioni operative, e la possibilità di proporre misure di accelerazione sulla base degli esiti dell’attività di monitoraggio, valutazione e verifica.

L’esperienza della programmazione 2014-20, così come le analisi realizzate dalla Commissione europea nell’ambito del Semestre europeo, individuano nella debolezza della capacità amministrativa una delle principali sfide per il Paese, in particolare per quanto riguarda gli investimenti, l’attuazione delle norme in materia di appalti pubblici e l’assorbimento dei fondi UE.

Il miglioramento dell’efficacia attuativa delle politiche di coesione è al centro del disegno strategico del programma nazionale “Capacità per la coesione” 2021-27 che prevede una azione sistemica sul complesso degli attori delle politiche di coesione, con il ricorso a più strumenti e leve per il cambiamento:

  • Un consistente intervento sul rafforzamento della capacità amministrativa delle Regioni e dei Comuni.
  • Una significativa azione di potenziamento delle strutture responsabili della governance centrale, volta a internalizzare le funzioni necessarie e a creare un centro di competenza che possa rappresentare il presidio tecnico specialistico per ogni livello di governo.
  • L’istituzione di un meccanismo stabile di formazione tecnico-specialistica sulla politica di coesione.

La gestione delle crisi da parte delle regioni e delle città, la visibilità della politica di coesione andrebbe rafforzata, dal momento che il 33% degli enti locali e regionali non è a conoscenza delle opportunità di finanziamento disponibili e non ne beneficia.

LE ISTANZE TERRITORIALI

Il contributo delle zone rurali al conseguimento degli obiettivi ambiziosi e cruciali dell’UE è a rischio per due motivi principali: i cambiamenti climatici e lo spopolamento di un numero equivalente alle popolazioni di Romania, Bulgaria e Lituania. Inoltre, tra il 2015 e il 2021 la percentuale di persone di età superiore a 65 anni è aumentata del 5% nelle zone rurali, il doppio rispetto alle zone urbane.

Lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione rurale determinano un circolo vizioso caratterizzato da minori investimenti nei servizi pubblici (ad esempio, assistenza all’infanzia, sanità e assistenza a lungo termine, istruzione, trasporti pubblici) e stagnazione economica o declino. Tale situazione rappresenta una minaccia per la democrazia europea, in quanto è facile che le persone che rimangono nelle zone rurali si sentano lasciate indietro dalle istituzioni locali, nazionali ed europee.

Il piano NextGenerationEU rimane “sordo alle istanze territoriali”: oltre il 70% dei leader locali non è stato coinvolto nella sua attuazione. Nonostante il notevole impegno richiesto alle pubbliche amministrazioni per garantire che i fondi dell’UE siano utilizzati in modo efficace e dove sono più necessari, il ruolo delle regioni e delle città non è stato adeguatamente riconosciuto nella progettazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, la pietra angolare del piano per la ripresa NextGenerationEU.

Consentire agli enti locali e regionali di individuare i settori più appropriati nei quali far confluire il sostegno finanziario rappresenta il modo più efficace per garantire che i fondi siano utilizzati al meglio. Permettere agli Stati membri di decidere se coinvolgere o meno gli enti subnazionali nell’elaborazione dei programmi ne compromette il potenziale successo. L’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza ha influito direttamente anche sull’inizio dell’attuale periodo di programmazione della politica di coesione 2021-27, causando notevoli ritardi.

Gli Stati membri e la Commissione europea devono adottare le misure necessarie per trasformare l’attuale approccio centralizzato in un metodo di attuazione multilivello del dispositivo per la ripresa e la resilienza, organizzando piattaforme multilivello, sessioni informative ed eventi su base strutturale e in collaborazione con le città e le regioni.

(Fonti: documentazione-stralcio da Internet Agenzia per la Coesione Territoriale, SNAI)

VOCABOLARIO INACCETTABILE

Il nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (PSNAI), del marzo 2025, indica tra l’altro che “nessun Comune ha di fronte un destino ineluttabile in relazione alle coordinate geografiche in cui si trova, ma sono molti i Comuni che rischiano un percorso di marginalizzazione irreversibile per le dinamiche demografiche che li caratterizzano”.

Alla luce di quanto descritto è possibile distinguere quattro tipologie di obiettivi, nella prospettiva di rafforzare le condizioni delle Aree Interne, in funzione delle condizioni di partenza delle realtà locali:

  • Obiettivo 1: Inversione di tendenza relativamente alla popolazione. La popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in località particolarmente attrattive.
  • Obiettivo 2: Inversione di tendenza relativamente alle nascite. Una parte del Paese potrebbe riuscire ad avvicinarsi a tale scenario, ma verosimilmente non gran parte del Mezzogiorno e la maggioranza delle aree interne.
  • Obiettivo 3: Contenimento della riduzione delle nascite (da diminuzione accentuata a moderata). Questa è la tipologia che potrebbe riguardare il gruppo più ampio di Comuni delle aree interne.
  • Obiettivo 4: Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile, con piani mirati per rendere socialmente dignitoso un declino demografico ormai consolidato.

Le specificità locali sono fattori-chiave su cui puntare per favorire uno sviluppo endogeno con effetti duraturi nel tempo in grado di limitare lo spopolamento e rendere questi territori attraenti per i giovani.

SFIDA IMPROROGABILE

Obiettivo primario per Stato, Regioni ed enti locali, per una reale inversione di tale andamento, è ora un esame oggettivo dell’esperienza fatta in questi anni, degli effetti positivi conseguiti, indicando le realtà territoriali che hanno visto i progetti eseguiti e i motivi di criticità che hanno impedito la partecipazione, la presentazione e l’esecuzione di progetti.

Bisogna superare le criticità emerse, come quella della tempistica dall’entrata in vigore di una legge, quella della partecipazione e dell’ammissione ai bandi per la complessità per singole persone e realtà istituzionali di piccole dimensioni (molti comuni delle aree interne hanno meno di 5.000 abitanti), spesso carenti di organi competenti a definire utilmente gli atti richiesti nei tempi stabiliti.

Bisogna costruire un intenso cammino che argini il rischio comune dei suddetti quattro obiettivi dello spopolamento e del calo demografico, impiegando tutte le risorse disponibili in campo europeo, statale, regionale, delle pubbliche amministrazioni, private, dei cittadini e delle imprese, del terzo settore e dell’associazionismo.

Si ritiene utile l’adozione di un “documento legislativo unitario” con la ricerca, il riesame e il coordinamento delle varie norme di leggi vigenti in materia, provvedendo alla semplificazione delle procedure amministrative e alla fissazione di un lungo periodo di vigenza con adeguati finanziamenti, aprendo i bandi a più sessioni per la presentazione di progetti.

Il fenomeno dello spopolamento e del calo demografico, previsto dall’Istat, non riguarda solo le aree interne: interessa tutto il territorio nazionale. Diversamente si consente l’erosione di uno degli elementi costitutivi dello stesso Stato: il popolo.

Il documento va partecipato, ad avvenuta adozione, con direttive chiare, alle Regioni, ai Comuni, alle unioni di Comuni, all’Anci, all’Upi, all’Uncem, ai GAL, alle associazioni imprenditoriali e giovanili, agli incubatori di partecipazione sorti in questi anni, in modo che, avvenuta la migliore conoscenza, coinvolga tutti nella sua piena e corretta applicazione.

Va avviato un programma di utilizzo capillare dell’AIRE (legge 27 ottobre 1988, n. 470) e delle Ambasciate italiane all’estero, per promuovere la diffusione della conoscenza delle azioni possibili nelle aree interne a tutti gli iscritti.

Le risorse PNRR trasferite all’Italia hanno raggiunto i 140,3 miliardi sui 194,4 (il 72% del totale), ma la spesa avanza con difficoltà: solo il 34% delle risorse è stato utilizzato, con forti disomogeneità tra le missioni. Completare gli investimenti del PNRR è fondamentale per sostenere la crescita del Paese e destinare risorse aggiuntive all’obiettivo di affrontare questi fenomeni, senza tralasciare seri percorsi di inclusione e piena cittadinanza per i flussi di immigrazione.

In sintesi, occorre andare nella direzione della massima efficacia possibile nell’ottenere l’erogazione dei fondi assegnati e nella realizzazione degli interventi finanziati, non rinunciando a ridurre i divari territoriali, di genere e generazionali.

Occorre ripartire dal basso, dai Comuni e dalle città, assumere mirate linee di sviluppo qualitativo delle aree interne rurali, collinari e montane, puntando all’effettiva realizzazione di servizi utili e necessari:

  • per agevolare la permanenza delle persone residenti;
  • per favorire il ritorno delle persone emigrate e attrarre nuovi residenti;
  • per incentivare il recupero dei borghi.

Le azioni

Riorganizzazione dei servizi pubblici infermieristici, ambulatoriali, domiciliari e di comunità; servizi per anziani, disabilità, minori; presidi di assistenza farmaceutica nei borghi (D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; L. 221/1968 e L. 362/1991).

Adeguamento dei plessi scolastici alle norme di sicurezza (D.P.C.M. 27 ottobre 2023, n. 208; L. 30 dicembre 2024, n. 207).

Attivazione di servizi di telefonia mobile e connessioni digitali; ammodernamento della rete internet ad alta velocità (D. Lgs. 24 marzo 2024, n. 48; D. Lgs. 15 febbraio 2016, n. 33).

Potenziamento del trasporto pubblico locale e revisione delle linee tra centri urbani e aree rurali, collinari e montane (D. Lgs. 19 novembre 1997, n. 422; Regolamento CE n. 1370/2007; L. 24 dicembre 2007, n. 244; D. Lgs. 20 settembre 1999, n. 400; D.P.R. 17 giugno 2022, n. 121).

Salvaguardia e valorizzazione dei comuni montani, dell’ambiente, del paesaggio, delle tradizioni territoriali, storiche e culturali; rilancio dei beni culturali (D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152; L. 6 dicembre 1991 n. 394; D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; L. 7 ottobre 2013, n. 112; art. 9 Costituzione come modificato dalla L. Cost. 11 febbraio 2022, n. 1).

Utilizzo dei bacini idrici per agricoltura, prevenzione degli incendi, innevamento artificiale, per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici (D. Lgs. 3 aprile 2018 n. 34; L. 21 novembre 2000 n. 353).

Recupero dei borghi, ristrutturazione di edifici abbandonati, disciplina per la ricomposizione fondiaria (L. 6 ottobre 2017, n. 158).

Aggiornamento degli indirizzi di programmazione nazionale in materia di sviluppo dell’artigianato e valorizzazione delle produzioni artigiane, in particolare su credito, ricerca, formazione, export (L. 8 agosto 1985, n. 443 e varie leggi regionali).

Suggerimenti interventi operativi

  • Incentivi agli operatori sanitari (concorsi SSN, crediti d’imposta per abitazioni di servizio).
  • Incentivi ai docenti (credito d’imposta per locazione, punteggio aggiuntivo nelle graduatorie).
  • Contributi a fondo perduto per emigrati e lavoratori italiani che rientrano, e per lavoratori stranieri che decidono di risiedere stabilmente nelle aree interne.
  • Incentivi ai giovani che rientrano e avviano imprese innovative in agricoltura, artigianato, turismo o smart working.
  • Bonus fiscali ai giovani agricoltori per acquisto terreni e attrezzature; misure regionali per trasferimento in borghi poco abitati.
  • Contributi a chi si trasferisce e apre o rileva attività economiche locali e ristruttura immobili.
  • Incentivi a nuovi imprenditori e PMI che si insediano nelle aree interne (L. 4 agosto 1978, n. 440; L. 30 giugno 1998, n. 208).
  • Incentivi a famiglie e aziende agricole che adottano tecniche biologiche, permacultura, agricoltura rigenerativa e impianti a energie rinnovabili (normativa su ambiente, energia, biologico, PNRR).
  • Sostegno alla creazione di cooperative di comunità per la gestione di terre incolte o abbandonate (L. 21 ottobre 1950, n. 841; D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ecc.).

(I provvedimenti richiamati sono stati rilevati nella banca dati “Normattiva”, sito internet: https://www.normattiva.it)

Nota: La legge n. 158 del 6 ottobre 2017, detta “salva borghi”, è esempio di legge statale con tempi e procedure complesse: oltre dieci anni tra iter, decreti attuativi, bandi con tempistiche ridotte e in periodi di ferie, graduatorie, assegnazioni e collaudi, con il rischio che pochi Comuni sotto i 5.000 abitanti abbiano realmente potuto beneficiarne.

DOMANDE ED ESPERIENZE A CONFRONTO

È facile avere conoscenza della legislazione europea e nazionale? Quali difficoltà nell’applicazione delle leggi e delle relative procedure amministrative? Quali tempi per le ammissioni alle azioni, per l’affidamento e l’esecuzione degli interventi? Quali motivi di ritardo e di non ammissione dei progetti?

Quali risultati sul territorio dalla spesa? Quali obiettivi ed effetti conseguiti? È seguita ed attuata una normale e ordinaria gestione del territorio dopo la realizzazione degli interventi o vi sono state difficoltà? È necessario che il territorio regionale, provinciale, comunale sia dotato di esperti? La spesa effettuata ha dato segnali rispetto alle finalità della stessa? Con quale percentuale?

Suggerimenti per superare percorsi difficili ed invertire lo spopolamento ed il calo demografico.

LO SCENARIO, L’IMPEGNO

L’intento di questo contributo da parte del Forum è mantenere vivo il confronto su una materia delicatissima alla quale si guarda con alterna attenzione e con troppe distrazioni da parte della politica e della società tutta.

Pensiamo che occorra sensibilizzare i vari settori sociali, imprenditoriali e intellettuali, a vivere organicamente il percorso verso possibili soluzioni integrandosi tra loro, perché la questione delle Aree Interne (spopolamento e calo demografico) possa ottenere risposte e non assurdi abbandoni strumentali, che sfiorano la cattiveria sociale.

Sollecitiamo una convergenza concreta e condivisa delle competenze sul campo e tra territori e livelli parlamentari e governativi. Ognuno faccia la propria parte, senza inutili protagonismi e sterili “colpi di tacco”. Serve una gestione di sintesi e di pieno coinvolgimento di tutti gli attori perché si sappia lavorare al risultato prima che allo sviluppo esclusivo delle proprie idee e dei propri singoli progetti.

Benevento, 26 agosto 2025

ALLEGATO

Sintesi (20.12.2019) da Rassegna Valutativa: “Sconfinati. Prospettive di rilancio dei territori per contrastare lo spopolamento”.

Dalle recenti ricerche effettuate, l’Italia è ad oggi uno dei Paesi UE più avanti nella realizzazione del proprio PNRR. Molti Stati stanno incontrando ostacoli nell’attuazione. Il 18 giugno il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si esorta la Commissione a valutare la possibilità di estendere per ulteriori 18 mesi il Recovery and Resilience Facility (RRF).

Per attuare pienamente il dispositivo per la ripresa e la resilienza e coglierne i benefici, è necessaria una accelerazione significativa da parte degli Stati membri. L’attuale ritmo non è sufficiente a garantire il conseguimento di tutti i traguardi e obiettivi entro agosto 2026 e l’erogazione dell’intera dotazione del dispositivo.

Al 4 giugno risultano ancora da erogare circa 335 miliardi di euro su 650 complessivi del RRF; oltre la metà delle risorse. Il 68% delle “scadenze” (milestone e target) è ancora da conseguire. L’Italia, con altre revisioni del piano, si colloca a circa il 43% di scadenze completate (54% considerando ulteriori ratifiche), ma resta lontana dalla conclusione.

Tutte le richieste di pagamento e le prove necessarie per la loro valutazione dovranno essere presentate entro il 30 settembre 2026. La Commissione ha esortato gli Stati membri ad adottare eventuali revisioni dei piani entro la fine del 2025, mantenendo solo misure di cui sia certa la piena attuazione entro il 31 agosto 2026.

L’Italia è tra gli Stati che hanno già inviato il maggior numero di proposte di revisione. Nonostante le risorse PNRR trasferite abbiano raggiunto i 140 miliardi (il 72% del totale), la spesa effettiva è al 34%, con forti disomogeneità tra le missioni. La Missione 2 – transizione ecologica – ha l’85% dei progetti ancora in progettazione.

I documenti di valutazione analizzano anche gli interventi contro lo spopolamento e l’impoverimento del capitale umano nel Mezzogiorno:

  • 1976–2016: 5 milioni di persone sono migrate verso il Centro-Nord, con solo 3 milioni di rientri.
  • Ultimi 16 anni: 1.183.000 residenti hanno lasciato il Mezzogiorno, metà tra i 15 e i 34 anni.
  • Tasso di abbandono degli studi nel Mezzogiorno: 19,4%, superiore alla media nazionale.
  • Il 17,2% dei dottori di ricerca italiani vive e lavora all’estero a sei anni dal titolo.

Difficoltà nell’attrarre talenti

L’Italia presenta difficoltà significative nell’attrarre talenti altamente qualificati. Nel 2011 il saldo migratorio high-skilled era negativo. Secondo l’OECD, il nostro Paese si colloca nel quartile inferiore per l’ambiente delle competenze; l’indice MIPEX mostra politiche di integrazione insufficienti per attrarre immigrati laureati.

Politiche di integrazione e attrazione

Le politiche di integrazione e attrazione sono fondamentali per contrastare lo spopolamento. Esse influenzano positivamente la percentuale di immigrati laureati che scelgono il Paese.

Efficacia degli interventi di formazione

Gli interventi di formazione professionale hanno avuto effetti positivi sull’occupazione. I corsi in Piemonte hanno portato a un tasso di occupazione del 57,2% a 12 mesi; il microcredito in Sardegna ha permesso al 70% dei beneficiari, inizialmente disoccupati, di diventare imprenditori.

Iniziative locali e partecipazione comunitaria

Le iniziative locali e la partecipazione comunitaria sono essenziali per il rilancio dei territori. L’ITI della Montagna Materana ha visto un processo partecipato con Sindaci e comunità locali; in Emilia-Romagna alcuni interventi hanno creato beni e servizi locali, contribuendo a contrastare lo spopolamento.

Strumenti che rafforzano gli squilibri

Alcuni strumenti hanno inavvertitamente rafforzato gli squilibri territoriali. I finanziamenti per master e dottorati hanno favorito l’occupazione, ma spesso fuori regione, alimentando il brain drain. Le misure del POR FSE in Basilicata, pur coinvolgendo oltre 1.100 beneficiari, non hanno risolto il problema dello spopolamento.

Condizione occupazionale e contratti

A sei mesi dalla conclusione dei programmi, il 63,6% dei partecipanti è occupato; a un anno si sale al 68,9%, con calo dei disoccupati. I tirocini mostrano i migliori risultati. Nel tempo aumentano i contratti a tempo determinato e quelli stabili, ma non sempre nel territorio di origine.

Interventi per contrastare il brain drain

Le politiche attuate non hanno incentivato a sufficienza il rientro dei giovani altamente qualificati, a causa del mismatch tra offerta di lavoro e sistema produttivo debole e della scarsa capacità assorbente delle imprese regionali.

Iniziative per il ritorno dei giovani

Sono necessarie azioni per attrarre e far tornare i giovani nei territori di origine: ripristino dei servizi pubblici essenziali, riduzione della disoccupazione, microcredito (in alcuni casi con l’89% dei beneficiari che ha avviato attività imprenditoriali), tirocini in aziende locali.

È necessario passare dal brain drain alla brain circulation, creando reti di conoscenze tra chi emigra e il territorio d’origine, riflettendo su come attrarre talenti e superare gli ostacoli all’ingresso di giovani qualificati in Italia.


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Messaggio del
Presidente della Repubblica

Messaggio del Presidente della Repubblica
× Messaggio del Presidente della Repubblica

Messaggio del Presidente della Repubblica

La questione dei cittadini che vivono nelle cosiddette aree interne del Paese e isole minori, è da tempo un grande argomento nazionale. Su quasi ottomila Comuni, oltre quattromila ricadono in esse. È problema che riguarda un quarto dell’intera popolazione italiana. È un tema dei diritti dei cittadini che vi risiedono e un tema di sottoutilizzo delle risorse che quei territori hanno sempre espresso e possono esprimere. Un patrimonio di persone e luoghi che non possiamo arrenderci a vedere deperire o, peggio, scomparire.

L’attenzione che il Forum da tempo porta a questa condizione e che la Chiesa cattolica ha sollecitato, anche recentemente, con la lettera aperta a Governo e Parlamento, è meritevole di ogni considerazione. Nel processo di sviluppo indotto dalla Repubblica, grande rilevanza ebbe il programma diretto a colmare i divari, con la politica rivolta a sostegno delle aree depresse. Si propone oggi una questione di analogo spessore: ogni regione si trova con realtà in cui la distanza di centri abitati da servizi come quelli sanitari e di istruzione superiore, aggravata dalla carenza di trasporti pubblici adeguati, creano condizioni di progressivo spopolamento e abbandono che espongono i territori a ogni calamità.

La ricchezza di energie umane e il valore di risorse che, così, vengono meno, minacciano parte significativa dell’identità irrinunciabile di un Paese policentrico, in cui ciascun luogo testimonia cultura, materiale e immateriale, in cui ambiti preziosi verrebbero ineluttabilmente condannati all’oblio.

È giunto il momento di una riflessione che faccia giustizia di quel luogo comune secondo il quale il diradarsi della popolazione comporta necessariamente rarefazioni di servizi e abbandono di infrastrutture come quelle delle ferrovie locali. È il contrario: il venir meno di supporti alla convivenza locale, nella sua dimensione civile ed economica, spinge e aggrava la marginalizzazione dei centri minori che, pure, durante la pandemia e in funzione del crescere della digitalizzazione, hanno potuto conoscere significative rivalse, a conferma del ruolo che posso svolgere.

Confidando che il dibattito rechi utili contributi su questa grande sfida, invio auguri di buon lavoro.
Sergio Mattarella




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Paesi abbandonati:
la risposta pastorale della Chiesa

Riabitare l’Italia, in particolare le aree maggiormente desertificate e meno tutelate, è una scelta che dipende anche dalla presenza pastorale della Chiesa italiana. Una puntata sul significato di una pastorale per le aree interne. In studio Mons. Felice Accrocca, Arcivescovo di Benevento e in collegamento, Nico De Vincentiis, Coordinatore del Forum per le aree interne
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L’opera di Paladino

Opera di Mimmo Paladino - Radici, diritto al futuro

“Radici, diritto al futuro” è l’opera con cui Mimmo Paladino offre un segno concreto al Forum delle Aree Interne 2025, a sostegno dei territori fragili e delle loro radici. Un invito a rallentare, a guardare l’orizzonte e a non cedere alla tirannia del presente.

× Opera di Mimmo Paladino - Radici, diritto al futuro

L’opera di Paladino

S’intitola “Radici, diritto al futuro” l’opera con la quale Mimmo Paladino ha inteso offrire un “segno”, nell’ambito del Forum delle Aree Interne 2025, mostrando la sua partecipazione convinta alla battaglia a favore delle Aree Interne del Paese, autentico scrigno di bellezza.

Paladino offre il suo genio creativo a favore di tanti territori fragili, emarginati ma non rassegnati, dei quali si dovrebbe invece valorizzarne arte, cultura, beni paesaggistici e identità, grazie a una nuova partecipazione corale e una reale consapevolezza.

Il nostro dovere, sembra dire il più grande artista italiano di arte contemporanea vivente, è non staccarsi dalle radici e vivere questo tempo veloce riuscendo anche a rallentare ma guardando l’orizzonte senza farsi sconfiggere dalla tirannia del presente.

Il “segno” di Paladino accompagnerà il cammino e il dialogo sulle Aree Interne anche per l’intero anno 2026, in cui saranno avviate iniziative relative ai beni culturali, alla difesa dell’ambiente e del pianeta, e alla promozione umana.

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In sinergia

Nelle conclusioni della doppia sessione del Forum 2026, annunciata la volontà di attivare entro la metà del 2026 un tavolo permanente FORUM-CEI-ANCI...

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In sinergia

Nelle conclusioni della doppia sessione del Forum 2026, annunciata la volontà di attivare entro la metà del 2026 un tavolo permanente FORUM-CEI-ANCI per la lettura sistematica dei fenomeni sociali in atto, per un confronto produttivo con le istituzioni, e per contributi operativi da offrire a tecnici, ricercatori ed enti locali sui temi di etica sociale, di partecipazione democratica e di azione pastorale nei territori più emarginati.

Su iniziativa dell’arcivescovo di Benevento, mons. Felice Accrocca, 170 vescovi hanno sottoscritto una lettera-appello rivolta a Governo e Parlamento contenente tra l’altro una dura reazione all’annuncio di soluzioni estreme (quasi suicidio assistito) per le comunità non in grado di produrre da sole i necessari sforzi per evitare l’estinzione.

L’intervento dei vescovi è valso alla cancellazione del paragrafo ritenuto gravemente lesivo della dignità delle persone e dei cittadini. Un rinnovato impegno sul tema, però, deve partire dalla consapevolezza di cosa sta realmente accadendo in larga parte del Paese in termini di disuguaglianze.

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Via della bellezza

Nel corso dei lavori del Forum 2025 i soprintendenti a confronto sulle politiche e le dinamiche di valorizzazione dei beni archeologici, architettonici e paesaggistici, hanno espresso la loro disponibilità ad avviare un dialogo operativo e iniziative congiunte tra le diverse realtà...

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Via della bellezza

Nel corso dei lavori del Forum 2025 i soprintendenti a confronto sulle politiche e le dinamiche di valorizzazione dei beni archeologici, architettonici e paesaggistici, hanno espresso la loro disponibilità ad avviare un dialogo operativo e iniziative congiunte tra le diverse realtà. In particolare la dotazione di strumenti in grado di facilitare la crescita sociale ed economica dei territori e rilanciare la dorsale appenninica come “Via della bellezza”, con le sue ricche preesistenze, le sue storie e i suoi giacimenti culturali.

Oltre alle competenze delle Soprintendenze saranno messe in campo anche quelle di altre istituzioni alle quali chiedere un’attenzione privilegiata alle nuove generazioni perché si formino a varie espressioni di carattere artistico e culturale, riallacciando il dialogo intergenerazionale e creando una rete virtuosa di protagonismo giovanile sulle ali della creatività. Attualmente l’OCSE registra che in Italia il 71% della popolazione tra i 15 e i 65 anni non comprende il testo che legge, il 60% dei giovani non è mai entrato in un museo.

Il “Ciro” d’Italia

Ciro d'Italia

Un testimonial per le Aree Interne? Eccolo, è il cucciolo di dinosauro Scipionyx Samniticus, da tutti rinominato Ciro. Un fossile di straordinaria importanza scientifica, di 120 milioni di anni...

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Il “Ciro” d’Italia

Ciro d'Italia

Un testimonial per le Aree Interne? Eccolo, è il cucciolo di dinosauro Scipionyx Samniticus, da tutti rinominato Ciro. Un fossile di straordinaria importanza scientifica, di 120 milioni di anni, rinvenuto a Pietraroja e oggi ospite del Centro operativo sannita della Soprintendenza di Caserta-Benevento.

In qualche modo scampato all’estinzione dei dinosauri, oggi la sua missione è raccontare l’evoluzione del pianeta, salvaguardarlo dalle crisi climatiche e dalle aggressioni da parte dell’uomo. Ciro è anche il simbolo della difficoltà a comunicare e valorizzare le presenze straordinarie all’interno dei territori deboli, non riuscendo quindi a sfruttarle in termini di turismo e quindi di sviluppo.

D’intesa con il ministero, Forum e Soprintendenza organizzeranno un tour dello straordinario fossile in tre città simbolo delle aree interne d’Italia. Si assoceranno istituti scolastici, giovani e adulti per i quali sarà allestito un programma scientifico e divulgativo, oltre che iniziative di sensibilizzazione sul pianeta a rischio e le azioni da compiere per salvarlo.


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UNIPACE / VESCOVI PER LE AREE INTERNE
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