Liberiamo la bellezza!Nico De Vincentiis
(coordinatore Forum Aree Interne) La vera sfida Il ritorno all’essenziale è un fattore di conversione. Ma non vi si arriva fuggendo dalla complessità bensì praticando una sana e responsabile “utopia nel reale”, quella condizione che ci consente di coltivare le attese come desiderio ma anche come duro esercizio del possibile. Tutto questo proprio nel momento in cui il mondo cade a pezzi e noi non riusciamo a fare la nostra piccola parte per evitarlo. Essenziale vuole dire rivolgere lo sguardo alla bellezza racchiusa nelle piccole cose, con lo stupore che essa ancora consegna ai nostri occhi nonostante una pericolosa valanga di quotidianità sembri seppellirla. Le problematiche dei piccoli comuni, fragili, spopolati, emarginati e quasi rassegnati, appartengono alla generale deriva di oggi, alla cultura che Papa Francesco definiva “dello scarto”, con poche realtà in fuga solitaria verso lo sviluppo economico e le sue deformazioni. Problematiche che dovrebbero richiedere soluzioni originali e comuni, singolari e confluenti, coraggiose e ordinarie, che impongono un impegno profondo per spezzare le catene dell’indifferenza o di quell’ottimismo passivo che disinnesca in realtà la vera speranza. Amministrare certi territori è un’attività complessa, comporta una sensibilità particolare, molta più intraprendenza di quanto la falsa logica della gestione pubblica e utilitaristica tende a dimostrare quando ci avverte: “Siete piccoli, non potete pensare in grande!” oppure, con un’impennata di atrocità, “Non ce la fate, abbandonate l’idea di esistere!” come recita addirittura il testo del Governo predisposto per il futuro delle aree interne al paragrafo 4 del Piano strategico nazionale 2025. Non vogliamo che si spenga la resistenza attiva delle nostre periferie, che si debbano contare gli esodi e non programmare i ritorni, compresi quelli di chi vive quotidianamente in “fuga” dalla responsabilità per il proprio territorio. Un bene condiviso La speranza vera va oltre l’emozione delle singole attese. Dovremo imparare a non disperdere, o addirittura disinnescare, la creatività giovanile, che spesso si addensa proprio nelle realtà più fragili del Paese; sentire e credere che un fronte comune sia possibile nonostante le scorciatoie che esaltano illusoriamente certi territori ma poi s’infrangono contro un destino comune; proporre azioni d’avanguardia ma rispettose delle vocazioni; mettere in dialogo racconto e futuro, la concretezza e l’utopia, porre le generazioni operativamente a confronto; avvicinare amministrati e amministratori, sfruttarne i talenti allontanando tentazioni divisive; costruire in ognuna delle comunità territoriali un piano che le accomuni e le renda visibili agli occhi del Paese come avamposto di unità. Il messaggio per noi è “Vivere singolarmente insieme”, operatori di azioni locali su un fronte globale. Gli amministratori provino a rischiare di perdere qualche voto alle elezioni ma facciano delle scelte evitando di distribuire solo risorse a scopo clientelare. È urgente liberare la bellezza, riscoprire il suo ciclo restituendo con gli interessi ciò che ci è stato donato, con la nostra passione e il nostro contributo al bene comune nei luoghi dell’equilibrio, nella mediazione e nella partecipazione. La natura, i beni culturali, la memoria storica sono tutti elementi che compongono il ciclo della bellezza, che si chiude però solo con la nostra scelta di parteciparvi attivamente. Solo così la meraviglia sopravviverà al freddo computo dei nostri passi, alla meccanica dell’ordinario sempre più alienante e virtuale. Toccare con mano, stupirsi, non sembrano più prerogative dirette dell’uomo ma anch’esse affidate alle protesi tecnologiche alle quali ci affidiamo per compiere i gesti quotidiani. Il 62% dei giovani non ha mai messo piede in un museo o sito archeologico, uno su tre non comprende il testo che legge. Certo, così la bellezza appare solo un varco nella folla di immagini spente e preordinate, non è più lo spettacolo che emoziona ma una ferita da rimarginare. Il sabotaggio del presente Tra le radici e il futuro c’è un problema che si chiama “presente”. Le vie di trasmissione sono sabotate dal calo demografico, la fuga dei giovani, l’Alzheimer, dalla velocità acritica che si ciba delle nostre ansie, dalla competizione sfrenata e dalla crisi dei valori. Dobbiamo raggiungere la memoria, che è andata oltre e ci aspetta domani, decidere dove andare, con quali strumenti. Da queste scelte dipende la qualità del nostro cammino che è avanzare senza ammassarsi, non impigrirsi, non arrendersi, non avventurarsi nell’ignoto della corsa. Il camminare è un’officina per la produzione di ali da applicare a un presente-turbo che si rincorre nel perimetro della sua vanità. Volare senza ali, questa è la metafora del mondo di oggi: la velocità imposta dalla logica del profitto, non ci consente di desiderare e amare la strada più della stessa meta. Condividiamo emozioni ma senza seguito, corriamo tutti testardamente ancorati al terreno con un teletrasporto che svuota le nostre ragioni più profonde. Ma per trasformarsi in percorso, il cammino deve consentire all’orizzonte di camminarci accanto e non davanti imponendo la sua bugia: più si avvicina e più si allontana. Dobbiamo allora ritessere una logica dell’esistenza lungo le strade sempre più strette della memoria e dei nostri sentimenti migliori, riconoscere e accarezzare le radici che percorrono il terreno che calpestiamo e permettere loro di nutrirci di curiosità, di orgoglio e di passione. Vivere un presente responsabile per produrre futuro consapevole e critico, fare della bellezza e della creatività due straordinarie occasioni per non restare nascosti al mondo. Abbiamo questo dovere per non estinguere la nostra speranza, e noi stessi, in questo pianeta che sembra assediato dal male. Non l’abbiamo sentito arrivare, oggi l’odio in doppio petto sembra prevalere. Ma possiamo lottare tenacemente perché parole e musica, coraggio e resilienza, dignità e intelligenza restino una colonna sonora in grado di convincerci che il male in realtà non ha ancora vinto ma è riuscito a organizzare un migliore ufficio stampa. |