Una visione condivisa
10 marzo 2021 Terza tappa_Aree interne, camminare insieme. Esperienze e progetti di unità territoriali Costantino Boffa Tavolo tecnico Tratta ferroviaria Napoli-Bari La progettazione e la realizzazione della ferrovia Napoli-Bari sono diventate emblematiche di un modello e di un modo di approcciare il tema delle infrastrutture in Italia. La tradizione di questo paese ci dice che laddove si sono progettate grandi infrastrutture senza un modello condiviso, i territori si sono sentiti esclusi, tagliati fuori. In alcuni casi si sono generate vere e proprie guerre territoriali intorno all’infrastruttura. Se si pensa a quello che è successo e continua a succedere in Val di Susa, si nota come un territorio intero ha rigettato un’infrastruttura. Forse non c’era bisogno di infrastrutture? Non è solo quello, conta molto il modo come si progettano e realizzano le infrastrutture in questo paese. In Francia hanno inventato quello che si chiama dibattito pubblico intorno al tema infrastrutturale, cioè, quando si ha una grande opera, va innanzitutto condivisa. Per condividerla, non bisogna andare a spiegare ai territori quanto sia giusta e bella, si devono condividere anche i contenuti. In Val di Susa si è calato sul territorio un progetto già esecutivo, con la possibilità di modificare poco o niente, con la Napoli-Bari si è partiti da una discussione sugli studi di fattibilità, ancora prima che sul progetto finale. Sul territorio si sono messe a confronto le alternative progettuali. Per fare questo non bisogna avere la supponenza di andare a spiegare, ma si deve avere l’umiltà di recepire. Se un territorio dice di non essere d’accordo e ne motiva il perché, si deve avere la capacità di perdere qualche mese nella discussione pubblica per poi guadagnali nella fase attuativa. Un modello partecipato Adesso si procede speditamente perché nella fase preliminare si è deciso di condividere le soluzioni. Faccio un esempio. Ad Acerra si è sperimentato un modello di condivisione. C’era una soluzione progettuale che prevedeva il passaggio nel centro della città, dove attualmente c’è la linea ferroviaria e spezza in due la comunità. Ovviamente in questo caso è un comune con la tessa consistenza demografica di Benevento. La comunità chiese di adottare un’altra soluzione progettuale, realizzare una sorta di circumvallazione esterna per liberare l’area di centro a beneficio di un recupero ambientale e urbanistico. All’epoca la Regione sosteneva la soluzione centrale, anche per un risparmio economico. Si è svolta una grande discussione, coinvolgendo la comunità di Acerra con i loro comitati (il protagonismo sociale di Acerra non è come quello delle aree interne, è molto più spinto, sanno come fare antagonismo sociale). Si è instaurato un contatto con la comunità, si sono recepite le proposte, si è conclusa la fase di progettazione, la quale deve avere un inizio e una fine, non può rimanere aperta all’infinito. In una grande assemblea pubblica, con l’allora Ministro Barca, si decise a stragrande maggioranza che la soluzione non era quella indicata dal progetto ma quella sostenuta dalla comunità. Le osservazioni furono molto fondate tecnicamente. All’epoca qualcuno sosteneva che si stessero perdendo diversi mesi. Invece proprio quei mesi dedicati alla discussione democratica hanno fatto guadagnare il tempo dell’attuazione ed ora ci sono le sollecitazioni a spingere sulla velocità di realizzazione da parte dei soggetti coinvolti. La stessa cosa è accaduta in altre comunità. Questo esempio ci dice che per vere una soluzione condivisa, bisogna aprirsi, in un tempo certo e con regole certe, al dibattito pubblico. Questo modello ha portato alla conferenza di servizi la partecipazione di tutti i comuni e delle altre istituzioni, che si sono espresse all’unanimità. I trentacinque comuni coinvolti hanno espresso il parere favorevole con delibera di consiglio comunale (come avevamo richiesto, e non con delibera di giunta). Molte volte i comuni entravano in conferenza di servizi con un’amministrazione e poi c’erano le elezioni che cambiavano varie amministrazioni, si correva il rischio di ricominciare d’accapo, invece, in perfetta continuità amministrativa, abbiamo ricevuto le delibere di consiglio comunale che hanno confermato una condivisione politica oltre che sociale dell’opera. Lo scenario futuro L’idea dell’opera non è attraversare i territori, collegando un punto A con un punto B scavallando i territori attraversati. L’infrastruttura di trasporto connette i territori. È una delle poche opere che, anziché viaggiare nella logica dell’Alta velocità in Italia attuata finora nord-sud, collega il paese nella direzione est-ovest. Attraversando e interessando le aree interne, può essere un’opportunità per esse. In passato queste non sono state interessate da una infrastrutturazione efficiente. Le aree interne possono essere interessate, ma non è detto che lo siano per forza se non si fanno alcune operazioni intelligenti, se vengono concepite come infrastruttura multifunzionale di sviluppo integrata con altre grandi reti (elettrica, digitale) in grado di fornire il valore aggiunto alle aree interne, che possono agganciarsi a questa rete. Essa non raddoppia solamente il binario esistente e rende più veloce la possibilità di connessione, ma su questa rete transiteranno anche i treni regionali. In questo modo può essere una sorta di metropolitana regionale, velocizzando anche il collegamento con Napoli. Il tema parla anche ai pendolari e inoltre certe zone devono essere raggiunte con velocità ma fruite con lentezza, con il tempo giusto. Infatti vi è l’integrazione con le ferrovie storiche. Opere compensative e poli logistici Per legge, il 2% dell’importo dell’opera dev’essere orientato sui territori per opere definite “compensative”. Più che opere compensative, noi abbiamo deciso come Regione insieme a RFI di orientare queste risorse, a cui si aggiungono risorse regionali, per interventi di riqualificazione e di sviluppo. Vogliamo concentrare le risorse in un unico plafond finanziario e con le comunità locali sceglieremo su quali progetti di riqualificazione e di sviluppo connessi all’infrastruttura ferroviaria investire. Intanto vanno collegati i comuni con le nuove stazioni, per non rifare l’errore commesso ad Afragola. Siamo partiti dall’obiettivo di riqualificare le stazioni, ovvero, la nuova stazione dell’Ufita (Hirpinia) non deve diventare una cattedrale nel deserto, dev’essere connessa con i comuni e con il territorio circostante. Stiamo cercando di capire quali connessioni materiali e immateriali e raccordi con il territorio realizzare. La stessa cosa si sta facendo per Benevento, dove si è stipulato un protocollo d’intesa tra il comune, la Regione e RFI per rilanciarla. Nella versione attuale manca perfino un parcheggio. Si vuole portarla al rango di stazione di Alta velocità, e Ferrovie sta stanziando una cospicua somma. Accanto a questo si è scelto di approfondire il trasporto delle merci. La Regione ha deciso di individuare, lungo la tratta in questione, due aree ZES, zone in cui le imprese avranno delle decontribuzioni per essere più appetibili e vantaggiose. Queste sono: l’area ASI di Ponte Valentino a Benevento e nell’area dell’Ufita vicino alla stazione Hirpinia. Faranno le stesse cose? No, le iniziative logistiche saranno organizzate in base alla domanda delle imprese. I percorsi dell’identità Da Benevento e da Avellino partono due direttrici di treni storici, uno è il collegamento Benevento-Campobasso, l’altro è la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio. Sono state recuperate come esercizio di treni turistici, che potrebbero vedere un forte protagonismo nell’immaginare percorsi di fruizione. La ferrovia Benevento-Campobasso credo possa essere riaperta all’esercizio commerciale, mediante un progetto di elettrificazione della linea, perché è l’unico modo per agganciare il Molise all’Alta velocità, per la parte di regione che non gravità sull’adriatica. La Avellino-Rocchetta Sant’Antonio ha un bellissimo percorso lungo l’Alta Irpinia fino a lambire la Basilicata. Se si fa squadra, senza gelosie territoriali, si potranno ottenere obiettivi positivi. Adesso ci sono le occasioni, con le risorse regionali e della nuova programmazione 21/27 e il Recovery Plan. Voglio ricordare che il tratto telesino dell’intera opera è certificata a livello internazionale come opera ad alta sostenibilità (con giudizio platinum, il massimo previsto). Un risultato difficile perché frutto di una trafila impegnativa. È la prima infrastruttura europea ad ottenerlo. Questo richiamerà altri fondi specifici del Recovery fund. Si possono fare iniziative logistiche collegate alla linea ferroviaria, perciò bisogna stare attenti a non ripetere errori del passato. Gli investimenti non devono rimanere inutilizzati. Bisogna partire dalle iniziative imprenditoriali. La logistica non la fa il pubblico. Il pubblico può accompagnare con processi, investimenti, ma la logistica la fa il privato se esistono le condizioni di una domanda di trasporto su ferro, a quel punto si vedrà impresa per impresa se c’è convenienza, ricordiamo che su ferro il trasporto merci conviene sulle lunghe percorrenze. La disponibilità generica va trasformata in un progetto. Se le singole imprese preferiscono prendere il tir, l’infrastruttura rimarrà inutilizzata. L’Università del Sannio ci sta assistendo in questo ragionamento, ha dato disponibilità, insieme ad altri soggetti, a farlo anche nella Valle dell’Ufita, in provincia di Avellino. Abbiamo bisogno di uno studio di fattibilità economica per far reggere l’investimento per fare in modo che si alimenti da solo, una volta partito, senza pesare sulla cassa pubblica. |